Filippo Timi, E lasciamole cadere queste stelle

Timi e il suo abbecedario sentimentale
di Rossano Astremo

Mi è capitato del tutto per caso di leggere consecutivamente i due libri pubblicati da Filippo Timi per Fandango, “Tuttalpiù muoio”, uscito lo scorso anno, e “E lasciamole cadere queste stelle”, nelle librerie da poche settimane. Ciò mi ha portato inevitabilmente a confrontate i due lavori. Partiamo col dire che “Tuttalpiù muoio” è stato scritto da Timi assieme allo scrittore Edoardo Albinati. Si tratta in sostanza della biografia di Timi, a partire dalla sua nascita sino agli anni che lo hanno consacrato come uno dei più grandi attori del teatro e del cinema contemporaneo. “E lasciamole cadere queste stelle”, invece, può essere definito, in sintesi, come una sorta di meditazione sul senso dell’amore. La prima cosa che mi viene da dire è che i due libri sembrano essere scritti da due autori diversi. Diverso è il ritmo, veloce e onnivoro in “Tuttalpiù muoio”, lento e riflessivo in “E lasciamole cadere queste stelle”. Diverso il linguaggio, con un uso prevalente di uno stile “umile”, colloquiale e gergale nel primo, e con la presenza di uno stile fortemente letterario, a volte colto, con punte di lirismo spiazzanti nel secondo. Se l’esordio sembra essere scritto col corpo, il nuovo libro sembra essere il parto della mente in dialogo col cuore. Avevo trovato molto approssimativo il primo. Ho trovato molto grazioso il secondo. Timi, lasciatosi alle spalle il peso del dato biografico, riflette sull’amore e lo fa suddividendo il suo percorso in capitoli differenti, ciascuno con il suo leitmotiv martellante, ma in ognuno di essi è possibile trarre curve di pensiero da usare come porzioni di un nuovo abbecedario sentimentale: “Se tradisco un uomo è per amarlo ancora di più. Possibile che devo tradire per amare? Sì. Non ho mai negato niente, ma credo che neppure confesserei mai niente”. O ancora: “Ogni donna è un giardino. Ogni donna ha il colore sfumato dei fiori. La follia di una donna è un pianto che nasce fra le rocce di sentimenti lasciati bruciare nel ghiaccio”. Un’altra e poi basta: “Siamo il risultato di una storia di errori e di orrori; immaginarsi l’amore come un pacifico bacetto, tutto rosa e confettino è da stupidi. L’amore ha il sapore dei veleni e degli acidi e non potrebbe essere altrimenti”. Un libro-femmina scritto da un uomo per far vibrare con veemenza i cuori delle lettrici, ma anche per lanciare un’ancora di salvezza verso l’inaridimento sentimentale di molti lettori.