Incipit di “La sacra famiglia”, il romanzo che ho iniziato a scrivere

Incipit di “La sacra famiglia”
di Rossano Astremo

Raimondo, 7 aprile 1955
Un sottile refolo di vento, che oltrepassa i cardini slabbrati della finestra, si mescola al sordo rumore dell’orgasmo. Dura solo pochi attimi. La stanza è sepolta da un buio totale. Il letto accoglie due corpi nudi che paiono trovarsi nel momento che segue una lunga immersione subacquea. Tornati a galla si respira a pieni polmoni perché l’apnea sfianca. Raimondo ora guarda il soffitto. Giuseppe, invece, gli dà le spalle, disteso sul lato, con lo sguardo inclinato verso il pavimento. E’ la seconda volta che le loro gambe e braccia s’intrecciano come le trame contorte dei tronchi di ulivi secolari. Il tutto avviene nel più limpido silenzio. La notte è il tempo ideale nel quale il loro peccato può esondare. Raimondo e Giuseppe hanno sedici anni. Da più di due anni la loro vita si svolge all’interno del Seminario di Oria. Tra qualche anno prenderanno i voti e diventeranno sacerdoti. Cureranno le anime perdute dei fedeli che a loro si rivolgeranno. Si nasconderanno dietro i confessionali e ascolteranno pazienti le marachelle dei piccoli, i vizi degli uomini e i desideri osceni delle donne. Poi, facendo filtrare le loro parole attraverso gli spazi vuoti delle grate, doneranno la pozione magica della redenzione: una manciata variabile di atti di dolore, padre nostri e ave marie che farebbe trasecolare persino i più devoti. Raccoglieranno offerte durante le quotidiane messe e celebreranno battesimi, comunioni, cresime, matrimoni e funerali. In sintesi terranno con fermezza il polso spirituale della loro comunità. Questo, però, è il futuro, al quale, i due ragazzi, che ora nascondono le loro nudità con lenzuola di grezzo lino bianco, pensano poco, attratti da quel nuovo mondo così tanto terrestre che brucia come carne sfrigolante su carboni ardenti. Sì, quel nuovo mondo così tanto piccolo che è tutto raccolto nella spoglia stanza del loro seminario. Quel nuovo mondo che è terribilmente più effervescente e vivo di quello passato e rannuvola ogni previsione del futuro. Raimondo cessa di fissare il soffitto e, girandosi nella stessa direzione di Giuseppe, lo cinge delicatamente, poggiandogli il braccio sinistro lungo il ventre, mentre con quello destro gli accarezza i capelli. Il suo sperma ha perduto la liquida consistenza di pochi minuti fa, divenendo solida sostanza biancastra posata tra i glutei di Giuseppe e tra la peluria ancora in definizione che adorna il suo pene. Raimondo pensa che tra due ore dovrà essere già in piedi, dovrà lavarsi e vestirsi. Le preghiere del mattino lo attendono. Però, è solo un pensiero fugace. Stringe forte Giuseppe e lo bacia sul collo. Il resto può attendere, per ora.

3 Comments

  1. Navigando fra le onde del web mi sono piacevolmente incagliato in questo bel blog.

    Scrivo per passione con lo pseudonimo di Josè Pascal (figlio del fù Mattia Pascal e Ederì Buendìa discendente del grande colonnello Aureliano Buendía).

    Ti invito a visitare il mio blog ed eventualmente collaborare.

    Se un giorno vorrai una lettera mi invierai a inparolesemplici@gmail.com

    buona vita e a presto spero

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